ALBERTO BAMBINI
Vi racconto il mondo di “Three”.
Buongiorno Alberto, e benvenuto su The Style Researcher Magazine. Dopo i premi ricevuti dal tuo primo short film, anche Three, la tua seconda opera, sta riscuotendo grandissimi riconoscimenti, quali premi a Los Angeles e a New York.
Buondì Ray, felice di essere qui con voi.
Puoi introdurci brevemente la storia di Three? Da cultore di fotografia, ho trovato il tema “maledettamente” interessante.
Three è il racconto di una “trappola”. Cosa faresti se, da solo in camera sentissi battere tre colpi alla porta? E’ una narrazione breve ma molto intensa a livello psicologico. Non si vedono mostri ma si percepiscono. Il che è anche peggio! È la storia di Camilla che si ritrova a dover convivere con la perdita dolorosa della sorella e con le paure che, molto spesso, in situazioni dolorose, prendono il sopravvento sulla vita.
Dove è nata l’idea di Three? Da un evento in particolare successo nella tua vita o dal tuo mondo interiore attratto da questo tema?
In realtà tutto nasce dalla sceneggiatura del mio primo lungometraggio che sto scrivendo. Three è praticamente una scena del film riadattata in modo da avere vita propria come cortometraggio. Inoltre, mi interessava indagare sulle paure e sul dolore. Credo che sia molto importante mostrare le fragilità che abbiamo in determinati momenti. Ognuno di noi combatte con i propri demoni.
Le paure. Tutti dobbiamo viverci. Qual’è il modo migliore per non esserne vittime?
Difficile poter dare consigli. Ognuno ha le sue paure e ognuno le affronta a suo modo. Le paure possono bloccarci e distruggere le nostre vite, ma possono anche darci un motivo per cambiare ció che abbiamo intorno. Non esiste un metodo infallibile e uguale per tutti per superarle, ma possiamo trovare il coraggio di affrontarle.
Si dice che a Carnevale il miglior modo per esorcizzare una persona che ti ha fatto del male, sia travestirsi proprio da quella persona. Tu che ne pensi? Vale anche per te e per la tua arte?
Travestirsi significa in un certo senso prendere in giro, sbeffeggiare. Si, perché no, può funzionare per alcuni. Non per me. Io tendo a dimenticare le persone o le situazioni che mi hanno ferito.È affascinante vedere che registi trattino temi come questi che possono essere di aiuto, tramite le pellicole, agli spettatori.
Puoi descrivere ai nostri lettori ciò che il cinema rappresenta per te?
Il cinema è una valvola. Lo spettatore si trova ad assistere a un vero e proprio “sfogo personale”. Credo che sia così per molti registi. Se poi chi guarda riesce anche ad essere coinvolto da questa “marea emotiva” ancora meglio. Significa che il lavoro è stato svolto in modo ottimale.
Hai già in germe un’idea per la tua prossima opera? Se si, quale ne sarà, in una parola sola, il nucleo? È un altro argomento che sempre ti è stato nel cuore?
Si, come ho anticipato prima, sto lavorando al mio primo lungometraggio. E’ un progetto molto ambizioso a cui sto dedicando veramente tutto me stesso.Per quanto riguarda l’argomento si, è un tema a cui tengo in modo particolare. Al centro, ci saranno nuovamente le paure di ognuno di noi, e le conseguenze che ogni azione che facciamo puó portare. Sarà interessante lavorare sul set di questo progetto. Rappresenta una grande sfida, per me, che non vedo l’ora di concretizzare nei prossimi mesi.
Eravamo e siamo ancora in pandemia, quante storie da raccontare ci sarebbero. Quante difficoltà, anche per chi non ha contratto il virus. Cosa, personalmente, ha cambiato in te questa esperienza? Si rifletterà nell’arte futura di Alberto?
Questo periodo ci ha costretto a fermarci, a mettere in discussione i nostri voleri e le nostre vite di sempre. Penso ai medici e a tutti gli operatori sanitari che hanno lavorato senza sosta per tutti noi. Ma penso anche a tutte le persone che hanno perso il proprio lavoro, in questi mesi così difficili. Penso alle famiglie senza stipendi e ai bambini che non hanno potuto vivere la loro infanzia e rapportarsi ai coetanei. Abbiamo vissuto un tempo sospeso e doloroso, non facile per nessuno di noi. Si rifletterà nel modo di vivere di tutti per ancora molto tempo. Inevitabile che influenzerà anche me.
Grazie, è stato un piacere poterti ascoltare. Un grande in bocca al lupo per il futuro e i miei più sentiti complimenti per tutto quello che ci hai regalato finora.
Grazie a te Ray, grazie per l'invito e a presto.
Intervista di Raimondo Rossi.
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